San Benedetto, il bene comune ed il carattere marchigiano.

San Benedetto da Norcia, un santo vissuto 1500 anni fa, è il personaggio del momento per le vicissitudini che hanno colpito le nostra terre dell’Appennino in queste settimane.

Questo monaco è passato alla storia per aver canonizzato la regola benedettina, un corpus di valori religiosi e civili, comportamenti, regole, da seguire nella vita monastica.

Oggi la sua figura viene oggi ulteriormente rivalutata dalla critica per la sua valenza “europeista” che non deve meravigliare considerato il carattere pre-nazionale e la visione universalista dell’epoca.

Per questo motivo il monachesimo in Europa viene considerato un denominatore comune di un continente che nel ‘400 non era ancora articolato in stati nazionali e che ha visto la sua principale culla in Italia centrale.

Ma scavando un po’ più in profondità nelle non ricchissime biografie di San Benedetto, sembra possibile identificare caratteristiche e valori ancora attuali e palpitanti nel cuore e nel comune sentire delle  genti dell’Italia centrale.

La meticolosa limatura della Regola, che gli storici considerano assolutamente non il frutto di una repentina intuizione ma il risultato di un lavoro paziente e critico, rivive ancora oggi nelle valli trasversali e nelle piane montane di queste aree.

San Benedetto definisce in un lasso di tempo molto ampio il sistema di valori religiosi, morali (e civili diremmo oggi) i tempi della giornata intercalati dalla preghiera e dal lavoro (Ora et labora) e le relazioni sempre improntate all’interpretazione discrezionale dell’abate.

Ci permettiamo individuare nel bene comune e nei valori condivisi il messaggio di San Benedetto – rivoluzionario nell’epoca in cui viviamo – evidenziato da questo passo del discorso di Giovanni Paolo II nel 1980 a Subiaco (Libreria Editrice Vaticana): “La rivoluzione benedettina mette il lavoro al cuore stesso della dignità dell’uomo. L’uguaglianza degli uomini intorno al lavoro diviene, attraverso il lavoro stesso, come un fondamento della libertà dei figli di Dio, della libertà grazie al clima di preghiera in cui si vive il lavoro. Ecco qui una regola e un programma. Un programma che comporta degli elementi. La dignità del lavoro non può infatti essere tratta unicamente da criteri materiali, economici. Essa deve maturare nel cuore dell’uomo.”

L’”Ora et labora” di San Benedetto comporta quindi libertà ed autodeterminazione nell’ambito di regole condivise, e forse è ancora oggi una sfida da affrontare coraggiosamente.

Il secondo elemento, fondante del carattere marchigiano, è l’understatement che ci sembra di intravedere nei comportamenti e nell’attività di San Benedetto, come nei comportamenti diffusi in quella zona del centro Italia tra Umbria e Marche.

Dal carattere marchigiano, dalla meticolosità comune con gli antichi monaci, dalla autonoma scelta di dedizione al lavoro, dall’attenzione al beneficio comune del lavoro e dai comportamenti, vorremmo ripartisse e siamo sicuri ripartirà la ricostruzione materiale di quei territori.

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